Terminato il periodo natalizio, chi ha scelto di acquistare un abete vivo da addobbare si trova di fronte al dilemma di cosa farne. Portarlo in un bosco per la soddisfazione di “liberarlo” in natura è un’opzione che a tanti sembra la più giusta.
Gli esperti, invece, concordano nel considerarla inopportuna. «Non è un’azione ecologicamente compatibile», dice Fabrizio Fronza, arboricoltore certificato ETT (European Tree Technician), curatore del Parco storico delle Terme di Levico e del Parco delle Terme di Roncegno, in Trentino, «e le ragioni sono più d’una. Il primo argomento da considerare riguarda la possibilità di assicurare alla pianta buone condizioni di sopravvivenza. L’albero di Natale, che nella maggior parte dei casi è un abete rosso (Picea abies) o bianco (Abies alba) dovrebbe essere inserito in un bosco dove queste specie prosperano già naturalmente. Nelle città o in Pianura Padana i boschi sono popolati da specie diverse, dunque sarebbero inadatti.
Un secondo punto riguarda la possibilità di un inquinamento del patrimonio genetico esistente in un determinato luogo quando si introduce un esemplare estraneo. La nuova pianta, per quanto della stessa specie, ha un patrimonio genetico diverso e non possiamo valutare, né a priori né in tempi brevi, quale potrebbe essere il suo impatto sulle nuove generazioni. Persino se collocassimo un singolo abete in un bosco di latifoglie il rischio non sarebbe azzerato per la capacità dei pollini di percorrere, portati dal vento, anche lunghissime distanze».

L’inserimento di un abete normandiano, altra specie molto utilizzata per la produzione di alberi di Natale per la forma compatta e conica, secondo gli esperti avrebbe ancora meno senso. Abies nordmanniana, conosciuto anche come abete del Caucaso, come suggerisce il nome è una pianta che in natura non si trova nel nostro Paese. Il pericolo per contro sarebbe minore in quanto non si hanno notizie di popolazioni rinaturalizzate con carattere invasivo. Contrariamente a quanto accaduto in passato, oggi la selvicoltura ecologica privilegia l’utilizzo di materiale autoctono.
Diamo spazio alle radici
Scartata dunque l’idea romantica di riportare il nostro albero in natura, restano tre possibilità. La prima, considerata la migliore, consiste nel tenere l’abete in vaso all’aperto per più anni. D’inverno, visto che le temperature dovrebbero essere fredde o, nella peggiore delle ipotesi, fresche, non dovremmo incontrare difficoltà nel mantenere vivo il nostro abete. Nelle altre stagioni, se gli assicuriamo regolari bagnature. e un’esposizione non soleggiata, crescerà senza problemi. Viceversa, lasciato in casa, sarebbe condannato a morte certa viste le alte temperature dovute al riscaldamento e la scarsa umidità. Attenzione però: subito dopo le feste l’abete va trasferito in un vaso più ampio e profondo, che consenta alle radici di svilupparsi senza aggrovigliarsi. Con questi accorgimenti si avrebbero ottime chance di poter riutilizzare la pianta come albero di Natale per più anni.
Piantarlo in giardino presenta dei rischi
La seconda possibilità consiste nel piantare l’albero in un giardino. Questa scelta presenta però dei rischi. Piccolo appena messo in terra, l’abete potrebbe infatti crescere in modo impensabile in natura, sfruttando sia l’acqua di irrigazione destinata al prato, sia i nutrienti forniti con le ripetute fertilizzazioni. In breve tempo potrebbe uscire dallo “spazio assegnato” e diventare molto alto, e dunque potenzialmente pericoloso in caso di vento forte.
Come ha dimostrato Vaia, la terribile tempesta che nell’autunno 2018 ha causato lo schianto di circa 15 milioni di piante nel Nord-Est d’Italia, l’apparato radicale superficiale degli abeti non è fatto per reggere l’azione di venti impetuosi, che purtroppo i cambiamenti climatici hanno reso sempre più frequenti. Spesso le radici, che già nel vaso hanno iniziato ad avvolgersi su loro stesse, non riescono a espandersi liberamente nel terreno.
Questo determina problemi di assorbimento dell’acqua e dei nutrienti, ma anche di stabilità, aumentando la possibilità di schianto. Il tutto è aggravato quando l’inserimento in giardino avviene in luoghi non vocati, al di fuori cioè della montagna o dell’alta collina. In pianura e in città i problemi sono destinati a diventare ancora maggiori: l’eventuale caduta potrebbe coinvolgere zone al di fuori della proprietà come strade, parcheggi, marciapiedi transitati da pedoni.
Se non ha radici, va compostato
La terza opzione è trattare il nostro abete come una pianta annuale, e quindi da buttare una volta assolta la funzione di addobbare le nostre case. Questa è l’unica soluzione possibile se si tratta di un albero senza radici. Chi acquista questo tipo di abeti dovrebbe porsi domande su come sono stati ottenuti. Se si tratta di alberi allevati in un vivaio certificato, dove i sesti di allevamento sono molto fitti, il taglio di diradamento è necessario. Nel caso di materiale non certificato potrebbe trattarsi di cimali tagliati furtivamente. Il loro destino in ogni caso è quello di essere compostati o conferiti nei cassonetti delle potature o presso i centri di raccolta.

Pensate che sia meglio un albero di Natale finto? Gli esperti dicono il contrario. Consulta il nostro articolo Albero di Natale, vero o finto? per scoprire le loro motivazioni.