La rinascita dopo la distruzione
Il 6 e il 9 agosto 1945 due bombe atomiche devastarono le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, causando la morte di almeno 120.000 persone. Si pensava che, per decenni, in quelle zone non sarebbe più cresciuto nulla. Eppure, con grande sorpresa, pochi anni dopo, alcuni alberi – in particolare esemplari di cachi (Diospyros kaki) e ginkgo (Ginkgo biloba) – iniziarono lentamente a germogliare.
La spiegazione scientifica: parla Stefano Mancuso
Come è stato possibile? A spiegarlo è Stefano Mancuso, fisiologo vegetale e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze. In un’intervista a Focus (2015) ha affermato:
«A posteriori sappiamo che ciò può essere dovuto al fatto che alcune parti interrate degli alberi sono state protette dallo strato di terra, oppure perché sul lato non irradiato, protetto dallo spessore del tronco, qualcosa è sopravvissuto. Quegli esemplari sono rinati perché le piante non sono un “unico organismo”, ma si sono evolute in uno schema che potremmo definire “modulare” per sopravvivere alla predazione di animali capaci di nutrirsi anche del 90% di una pianta. Con una semplificazione, potremmo paragonarle a colonie di insetti».

Dai semi della speranza: i progetti Kaki Tree e Green Legacy
Questi alberi, chiamati Hibakujumoku (dal giapponese “alberi bombardati”), sono diventati simboli viventi di speranza e rigenerazione. A partire dalla loro resilienza, sono nati due importanti progetti internazionali:
- Kaki Tree Project: avviato a Nagasaki nel 1994 dal dottor Masayuki Ebinuma, che seguì la rinascita di un albero di caco, in collaborazione con l’artista Tatsuo Miyajima.
- Green Legacy Hiroshima: fondato nel 2011, dopo il disastro nucleare di Fukushima, con il sostegno dell’Ufficio di Hiroshima dell’Istituto delle Nazioni Unite per la Formazione e la Ricerca (UNITAR).
Entrambi i progetti prevedono l’affidamento delle piantine nate dagli Hibakujumoku a scuole, amministrazioni comunali, associazioni. Le candidature vengono vagliate da apposite commissioni, che valutano sia le condizioni di crescita sia l’impegno nella diffusione del messaggio simbolico legato a questi alberi: una testimonianza di vita che rinasce anche dopo l’orrore.

Gli alberi della pace arrivano in Italia
Anche in Europa il messaggio ha trovato radici. Nel 2020 è nata l’associazione Brescia-Nagasaki Kaki Tree Project for Europe, creata per superare le restrizioni dell’Unione Europea in materia di importazione di piante fruttifere dall’Est. Tra gli ultimi affidamenti, ci sono esemplari a Vienna e, nell’ottobre 2025, un albero di caco verrà messo a dimora a Nova Gorica, in occasione delle iniziative per Capitale Europea della Cultura.
In parallelo, dal 2013, il progetto degli Alberi della Pace di Hiroshima è promosso in Italia da Mondo senza Guerra e senza Violenza, insieme all’associazione botanica amatoriale Utopia Tropicale di Comerio (VA). Dal 2020, la raccolta dei semi è coordinata da PEFC Italia, grazie a un accordo con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia e con l’Orto Botanico della città.
PEFC Italia e Mondo senza Guerra propongono gli Hibakujumoku come testimonial simbolici, capaci di incarnare la forza della rigenerazione e stimolare una riflessione profonda: da un lato, il pericolo delle armi di distruzione di massa; dall’altro, il valore sacro della vita e della Natura. Solo poche settimane fa, un Celtis sinensis nato da un seme di un albero bombardato ha messo radici all’ospedale pediatrico oncologico di Leopoli, portando anche lì il messaggio di resistenza, rinascita e speranza.
Per saperne di più sui progetti:
- Kaki Tree Project: sito web e informazioni all’indirizzo kakitree@lapacesulmonte.org
- Alberi di Pace di Hiroshima: informazioni all’indirizzo alberipacehiroshima@gmail.com.